Tecniche di rilassamento. Ecco i benefici per i pazienti oncologici.

“Quello che pensi diventi, quello che senti attrai, quello che immagini crei”

Buddha

Tecniche di rilassamento. Ecco i benefici per i pazienti oncologici

Cosa sono le tecniche di rilassamento?

Le tecniche di rilassamento sono utili strumenti per il recupero e il mantenimento del proprio benessere, sono di facile e veloce apprendimento e possono essere utilizzate in qualsiasi momento in piena autonomia.
Queste tecniche agiscono sia a livello fisiologico che psicologico permettendo di:

  • sperimentare uno stato di calma
  • aumentare la concentrazione e la memoria
  • recuperare energia
  • allentare le tensioni
  • gestire ansia e stress

Imparando a respirare in modo lento e profondo e ad ascoltare il proprio corso si favorisce quell’atteggiamento di calma e tranquillità utile per affrontare e gestire più efficacemente le situazioni di stress della quotidianità.

Per chi sono indicate le tecniche di rilassamento?

I pazienti e i caregiver, ma anche tutti coloro i quali sentissero il bisogno di distanziarsi dalla dimensione quotidiana, fatta di pensieri ricorrenti e di fatiche.

Le tecniche di rilassamento possono essere un valido supporto in oncologia per alleviare gli effetti collaterali che possono insorgere con le terapie (nausea, vomito, stanchezza, dolore, etc.), e per gestire gli stati emotivi quali irritabilità, umore depresso, ansia, affaticamento mentale e disturbi del sonno.

Cosa sono le tecniche di rilassamento e come si svolgono?

Le tecniche di rilassamento possono essere svolte in gruppo o individualmente. Vengono messe in pratica per diminuire il livello di stress e le conseguenze negative che questo porta al nostro organismo.

le tecniche di rilassamento possono essere di diversa natura: rilassamento muscolare, rilassamento mentale, per agevolare il sonno, per aiutare la digestione, etc.

3 esercizi di respirazione per rilassarsi.

Queste tecniche di respirazione sono prese dallo Yoga (Pranayama) e aiutano a regolarizzare e rendere più profondo il respiro. Quando siamo in uno stato d’ansia e/o di stress, il nostro respiro tende a farsi corto, poco profondo e affannato.
Creiamo una situazione confortevole e tranquilla, accendiamo un po’ di musica rilassante e chiudiamo gli occhi lasciandoci guidare dal nostro respiro.

Imparare a gestire il respiro per calmare gli stati d’ansia è molto importante, vediamo 3 semplici esercizi:

  • RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA

Questa respirazione coinvolge l’addome e il diaframma e i polmoni più bassi.
Metti una mano all’altea dell’ombelico e respira. La mano non si muove? Stai usando la parte alta dei polmoni per respirare.

Seduto a gambe incrociate o distese, schiena dritta (in caso non riuscissi, appoggiati ad un muro), mano sull’ombelico. Inizia a respirare dal naso facendo gonfiare la pancia come un palloncino. Aumenta la profondità del tuo respiro e portalo nella pancia. Per espirare, sempre dal naso, sgonfia lentamente e a partire dal basso la tua pancia. Crea un circolo senza interruzioni tra inspiro ed espiro e ripeti per qualche minuto.

CONSIGLIO PER LA RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA: Immagina di gonfiare e sgonfiare la tua pancia come una palloncino. Quando inspiri si gonfia, quando espiri si sgonfia.

  • RESPIRAZIONE A FASI UGUALI (SAMA VRITTI)

Utilizzando la respirazione profonda e diaframmatica, fai inspiri lunghi quanto gli espiri.

CONSIGLIO PER LA RESPIRAZIONE SAMA VRITTI: Conta mentalmente fino a 3 ogni inspiro e di nuovo fino a 3 ogni espiro. Ripeti 5 volte. Poi inizia a contare fino a 4 ogni inspiro e fino a 4 ogni espiro. Ripeti 5 volte. Poi inizia a contare fino a 5 e così via.

  • RESPIRAZIONE CON ESPIRO PROLUNGATO

Ripeti lo stesso tipo di respirazione diaframmatici ma questa volta raddoppia il tempo di espirazione per pulire bene i polmoni.

CONSIGLIO PER LA RESPIRAZIONE CON ESPIRO PROLUNGATO: Conta mentalmente fino a 3 ogni inspiro e poi fino a 6 per l’espiro. Ripeti 5 volte. Poi inizia a contare fino a 4 ogni inspiro e fino a 8 ogni espiro. Ripeti 5 volte. Poi inizia a contare fino a 5 e 10 e così via.

7 consigli utili per il care-giver e l’alimentazione del paziente oncologico.

Il care-giver svolge un ruolo fondamentale nell’alimentazione del paziente. Spesso, infatti, i pasti sono preparati da lui/lei in quanto il paziente può essere nauseato dagli odori della cucina e quindi è meglio stia lontano, oppure le forze vengono meno e non sono sufficienti per preparare da mangiare, oppure ancora l’assenza d’appetito gioca brutti scherzi.

7 consigli utili per il care-giver e l'alimentazione del paziente oncologicoDi seguito vediamo 7 pratici consigli per il care-giver che si occupa dell’alimentazione del paziente oncologico.

  1. Se la persona di cui ti stai prendendo cura esita a chiedere aiuto comunicale il tuo piacere nel poterle essere d’aiuto cucinando, facendo la spesa o assistendola in altri compiti. Talvolta essere propositivi aiuta le persone più restie a chiedere aiuto e a lasciarsi supportare. Cerca di comprendere qual è l’aspetto che maggiormente disturba il tuo paziente e proponiti di svolgere quel dato compito.
  2. Condividi insieme al paziente i modi per gestire le problematiche legate al cibo, questo coinvolgimento lo farà sentire attivo nel controllo della situazione. Avere la situazione sotto controllo può dare un senso di maggiore stabilità e sicurezza, che aiutano il paziente oncologico.
  3. Prepara i pasto principale della giornata quando la persona di cui ti stai prendendo cura si sente più affamata, spesso questo momento può essere il mattino. Cerca di sfruttare i momenti in cui il tuo paziente riesce a mangiare di più per fargli avere tutti i nutrimenti di cui necessita, più proteine, più carboidrati, pochi zuccheri.
  4. È utile avere sempre a portata di mano vari tipi di spuntini che possono essere consumati a qualsiasi ora del giorno. Cerca di individuare quei 3 o 4 snack che sono tollerati, prova tutta la frutta anche quella secca, oppure qualche ortaggio come le carote. Cerca di evitare snack confezionati e molto zuccherati, scegli snack naturali.
  5. Presenta il cibo in piccole dosi, soprattutto se l’appetito è scarso. Una quantità modesta di cibo può essere affrontata più facilmente anche se l’appetito scarseggia. Le possibilità che il piatto venga finito salgono e perchè no, magari ti chiede anche il bis.
  6. Se la persona di cui ti stai prendendo cura è sensibile agli odori può essere d’aiuto mangiare in una stanza diversa da quella dove si cucina. Se non avete una sala da pranzo, puoi sempre allestire una postazione provvisoria in salotto o altrove.
  7.  Per questi pazienti bere spesso è più facile che mangiare. Prediligi perciò sostanze liquide come frullati, zuppe, creme di verdure che possono essere sorseggiati o riscaldati al bisogno. Sono facilmente conservabili e a seconda della preparazione si possono congelare per avere una riserva sempre pronta.

Alimentazione del paziente oncologico, il ruolo Care-giver

Care-giver è un termine inglese che significa “persona che si prende cura“, con questo termine ci riferiamo quindi alla persona che si prende cura del malato in ambito domestico. Talvolta il care-giver non appartiene al contesto strettamente familiare ma è una persona amica, più spesso si tratta invece di un parente.

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In ogni caso, quando si cucina per una persona che sta affrontando un percorso di cura per un tumore, è importante mettere in atto una serie di misure concrete in termini di scelta del cibo e di comportamenti, che oltre a migliorare il benessere complessivo, sono utili strumenti per potenziare l’efficacia delle terapie.

Spesso può risultare difficile cercare di soddisfare le esigenze nutrizionali di un familiare o un amico che non vuole mangiare affatto o i cui gusti variano ogni giorno.
Il periodo di cura è un intervallo di tempo in cui si susseguono fasi diverse, in cui si può incorrere nella mancanza di appetito o nella difficoltà a mangiare perché i sapori vengono alterati, può quindi succedere che cibi che prima erano apprezzati momentaneamente non piacciano più.
È quindi importante in questo momento essere pazienti ed incoraggiare la persona che assistiamo, senza però insistere eccessivamente sula regola dei 3 pasti completi al giorno. Forse 5 o 6 spuntini possono rispondere meglio alle esigenze nutrizionali ed incontrare maggiormente le effettive possibilità della persona. Oppure, se i vecchi sapori risultano sgradevoli, potremmo invitare a sperimentare nuovi cibi che potrebbero essere una felice scoperta.

Inoltre, in alcune fasi della malattia il bisogno nutrizionale del paziente potrebbe non essere prioritario, diviene difficile in questo caso tollerare e tenere a bada i sentimenti di preoccupazione e di ansia che la mancata assunzione di cibo genera in ci si prende cura della persona malata.
Il cibo è naturalmente associato alla vita, la mancanza quindi della voglia di mangiare o l’impossibilità di farlo, scatenano comprensibilmente paura e preoccupazione. Spinti da questi moti interni potremmo come caregiver divenire molto insistenti, arrabbiarci e rimproverare la persona malata nel tentativo di spronarla a mangiare, ma ciò potrebbe essere dannoso ed ingenerare nel paziente frustrazione, sentimenti di inadeguatezza e di colpa.
In questi casi può essere invece utile condividere questi pensieri e vissuti emotivi con l’èquipe curante, in modo da costruire insieme un supporto delicato e adatto alla situazione, in cui si coniuga la cura con il conforto, la terapia con l’amore e l’affetto. Ciò consente dal care-giver, oltre che di aumentare le proprie competenze rispetto al prendersi cura della persona cara, anche di non sentirsi solo e disorientato.