Festival della prevenzione e innovazione in Oncologia – Brescia

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Sai perché non si parla più di male incurabile?
Sai quali sono gli screening per la prevenzione da fare?
Mai sentito parlare di immunologia in campo oncologico?

L’obiettivo del Festival della prevenzione e innovazione in Oncologia è quello di spiegare agli italiani come si può prevenire il cancro e come si guarisce da questa malattia.
Il Festival della prevenzione e innovazione in Oncologia è organizzato dalla AIOM e tocca diverse città in Italia. A Brescia sarà il 3,4 e 5 Maggio.
Tutte le altre date del tour sono qui.

La prevenzione del cancro parte dalla conoscenza e anche Il RASO è impegnato nella diffusione di informazioni utili e consigli pratici per la prevenzione del cancro.

Ci vediamo il 3, 4 e 5 Maggio a Largo Formentone!

 

Il Benvenuto del Dottor Zaniboni

È con grandissimo piacere che ospitiamo l’emozionante benvenuto del Dottor Alberto Zaniboni, Responsabile del Dipartimento Oncologico.

“È difficile provare a dire cose non banali che riguardino il volontariato, la solidarietà, il donare. Molti di noi, ed io tra questi, pensiamo spesso di fare già qualcosa nel nostro quotidiano, nella professione, nelle nostre famiglie, nelle Comunità che frequentiamo, laici o credenti,”attivisti” o nella discrezione e nell’anonimato dei nostri gesti.

Lavoro da trenta anni come oncologo medico e ho potuto osservare come tante dinamiche siano cambiate con il tempo. Il rapporto tra medici, infermieri e pazienti e loro famigliari. Tra aspettative, richieste e risposte che la società, il sistema socio-assistenziale hanno dato e stanno dando nel tempo. La progressiva erosione che la contingenza economica sempre più incerta ha prodotto alle risorse dello stato sociale. Il “tempo clinico” cioè il tempo dedicato all’ascolto dei bisogni, delle paure, delle incertezze che inevitabilmente accompagnano il percorso di pazienti e dei loro  famigliari si sta sempre più riducendo, letteralmente divorato dalle incombenze che una burocrazia sempre più vorace asetticamente impone.

Un tempo il medico “ascoltava”, visitando il torace di un paziente, appoggiando direttamente il proprio orecchio sul dorso. Poi e’ arrivato lo stetoscopio. Poi la TAC, la Pet ed altri esami preziosissimi che permettono ora  di avere le stesse informazioni cliniche stando al di la’ di un vetro, guardando un CD al computer.

Guardando “altrove”, raramente il paziente negli occhi, ascoltandolo mentre contemporaneamente scriviamo alla tastiera l’esito della visita. Poi capita di vedere un infermiere, uno psicologo, un volontario seduti accanto ai pazienti in attesa. Parlano, non infrequentemente sorridono, mentre il medico passa velocemente davanti a loro perchè deve andare di fretta “altrove”. Ma poi capita di riflettere su queste immagini che scorrono veloci sulla retina. E non si cancellano. Il Tempo. L’Ascolto. La Solidarietà delle piccole cose e dei piccoli, grandi gesti. L’enorme Valore trasmissibile da parte di chi ci “è già passato”, e che nessun manuale o esame insegna a noi medici. Un enorme respiro comune, un grazie trasmesso solo con un semplice sguardo. Benvenuti.”

    Alberto ZaDott.Alberto-Zaniboni-rasoniboni. Medico.

Tecniche di rilassamento. Ecco i benefici per i pazienti oncologici.

“Quello che pensi diventi, quello che senti attrai, quello che immagini crei”

Buddha

Tecniche di rilassamento. Ecco i benefici per i pazienti oncologici

Cosa sono le tecniche di rilassamento?

Le tecniche di rilassamento sono utili strumenti per il recupero e il mantenimento del proprio benessere, sono di facile e veloce apprendimento e possono essere utilizzate in qualsiasi momento in piena autonomia.
Queste tecniche agiscono sia a livello fisiologico che psicologico permettendo di:

  • sperimentare uno stato di calma
  • aumentare la concentrazione e la memoria
  • recuperare energia
  • allentare le tensioni
  • gestire ansia e stress

Imparando a respirare in modo lento e profondo e ad ascoltare il proprio corso si favorisce quell’atteggiamento di calma e tranquillità utile per affrontare e gestire più efficacemente le situazioni di stress della quotidianità.

Per chi sono indicate le tecniche di rilassamento?

I pazienti e i caregiver, ma anche tutti coloro i quali sentissero il bisogno di distanziarsi dalla dimensione quotidiana, fatta di pensieri ricorrenti e di fatiche.

Le tecniche di rilassamento possono essere un valido supporto in oncologia per alleviare gli effetti collaterali che possono insorgere con le terapie (nausea, vomito, stanchezza, dolore, etc.), e per gestire gli stati emotivi quali irritabilità, umore depresso, ansia, affaticamento mentale e disturbi del sonno.

Cosa sono le tecniche di rilassamento e come si svolgono?

Le tecniche di rilassamento possono essere svolte in gruppo o individualmente. Vengono messe in pratica per diminuire il livello di stress e le conseguenze negative che questo porta al nostro organismo.

le tecniche di rilassamento possono essere di diversa natura: rilassamento muscolare, rilassamento mentale, per agevolare il sonno, per aiutare la digestione, etc.

3 esercizi di respirazione per rilassarsi.

Queste tecniche di respirazione sono prese dallo Yoga (Pranayama) e aiutano a regolarizzare e rendere più profondo il respiro. Quando siamo in uno stato d’ansia e/o di stress, il nostro respiro tende a farsi corto, poco profondo e affannato.
Creiamo una situazione confortevole e tranquilla, accendiamo un po’ di musica rilassante e chiudiamo gli occhi lasciandoci guidare dal nostro respiro.

Imparare a gestire il respiro per calmare gli stati d’ansia è molto importante, vediamo 3 semplici esercizi:

  • RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA

Questa respirazione coinvolge l’addome e il diaframma e i polmoni più bassi.
Metti una mano all’altea dell’ombelico e respira. La mano non si muove? Stai usando la parte alta dei polmoni per respirare.

Seduto a gambe incrociate o distese, schiena dritta (in caso non riuscissi, appoggiati ad un muro), mano sull’ombelico. Inizia a respirare dal naso facendo gonfiare la pancia come un palloncino. Aumenta la profondità del tuo respiro e portalo nella pancia. Per espirare, sempre dal naso, sgonfia lentamente e a partire dal basso la tua pancia. Crea un circolo senza interruzioni tra inspiro ed espiro e ripeti per qualche minuto.

CONSIGLIO PER LA RESPIRAZIONE DIAFRAMMATICA: Immagina di gonfiare e sgonfiare la tua pancia come una palloncino. Quando inspiri si gonfia, quando espiri si sgonfia.

  • RESPIRAZIONE A FASI UGUALI (SAMA VRITTI)

Utilizzando la respirazione profonda e diaframmatica, fai inspiri lunghi quanto gli espiri.

CONSIGLIO PER LA RESPIRAZIONE SAMA VRITTI: Conta mentalmente fino a 3 ogni inspiro e di nuovo fino a 3 ogni espiro. Ripeti 5 volte. Poi inizia a contare fino a 4 ogni inspiro e fino a 4 ogni espiro. Ripeti 5 volte. Poi inizia a contare fino a 5 e così via.

  • RESPIRAZIONE CON ESPIRO PROLUNGATO

Ripeti lo stesso tipo di respirazione diaframmatici ma questa volta raddoppia il tempo di espirazione per pulire bene i polmoni.

CONSIGLIO PER LA RESPIRAZIONE CON ESPIRO PROLUNGATO: Conta mentalmente fino a 3 ogni inspiro e poi fino a 6 per l’espiro. Ripeti 5 volte. Poi inizia a contare fino a 4 ogni inspiro e fino a 8 ogni espiro. Ripeti 5 volte. Poi inizia a contare fino a 5 e 10 e così via.

Alimentazione del paziente oncologico, il ruolo Care-giver

Care-giver è un termine inglese che significa “persona che si prende cura“, con questo termine ci riferiamo quindi alla persona che si prende cura del malato in ambito domestico. Talvolta il care-giver non appartiene al contesto strettamente familiare ma è una persona amica, più spesso si tratta invece di un parente.

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In ogni caso, quando si cucina per una persona che sta affrontando un percorso di cura per un tumore, è importante mettere in atto una serie di misure concrete in termini di scelta del cibo e di comportamenti, che oltre a migliorare il benessere complessivo, sono utili strumenti per potenziare l’efficacia delle terapie.

Spesso può risultare difficile cercare di soddisfare le esigenze nutrizionali di un familiare o un amico che non vuole mangiare affatto o i cui gusti variano ogni giorno.
Il periodo di cura è un intervallo di tempo in cui si susseguono fasi diverse, in cui si può incorrere nella mancanza di appetito o nella difficoltà a mangiare perché i sapori vengono alterati, può quindi succedere che cibi che prima erano apprezzati momentaneamente non piacciano più.
È quindi importante in questo momento essere pazienti ed incoraggiare la persona che assistiamo, senza però insistere eccessivamente sula regola dei 3 pasti completi al giorno. Forse 5 o 6 spuntini possono rispondere meglio alle esigenze nutrizionali ed incontrare maggiormente le effettive possibilità della persona. Oppure, se i vecchi sapori risultano sgradevoli, potremmo invitare a sperimentare nuovi cibi che potrebbero essere una felice scoperta.

Inoltre, in alcune fasi della malattia il bisogno nutrizionale del paziente potrebbe non essere prioritario, diviene difficile in questo caso tollerare e tenere a bada i sentimenti di preoccupazione e di ansia che la mancata assunzione di cibo genera in ci si prende cura della persona malata.
Il cibo è naturalmente associato alla vita, la mancanza quindi della voglia di mangiare o l’impossibilità di farlo, scatenano comprensibilmente paura e preoccupazione. Spinti da questi moti interni potremmo come caregiver divenire molto insistenti, arrabbiarci e rimproverare la persona malata nel tentativo di spronarla a mangiare, ma ciò potrebbe essere dannoso ed ingenerare nel paziente frustrazione, sentimenti di inadeguatezza e di colpa.
In questi casi può essere invece utile condividere questi pensieri e vissuti emotivi con l’èquipe curante, in modo da costruire insieme un supporto delicato e adatto alla situazione, in cui si coniuga la cura con il conforto, la terapia con l’amore e l’affetto. Ciò consente dal care-giver, oltre che di aumentare le proprie competenze rispetto al prendersi cura della persona cara, anche di non sentirsi solo e disorientato.

Lo Yoga in oncologia. Intervista a Iris Gioia Rajani, la nostra insegnate di yoga

Abbiamo fatto due chiacchiere con la nostra insegnante di Yoga: Iris Gioa Rajani. Ecco quello che ci ha raccontato.

insegnate di yoga in oncologia

Questo è il primo anno che aderisco al progetto di Yoga in Oncologia, attualmente sono alla mia seconda esperienza e in procinto di iniziare la terza. Il corso di yoga in oncologia è un’esperienza per me abbastanza nuova ma che mi ha già riempito il cuore.

Ricordo di essermi subito emozionata e commossa dall’opportunità di lavorare con persone, che loro malgrado, sono costrette ad affrontare una grandissima prova di vita.

Il progetto “Yoga in oncologia” ha incontrato la mia motivazione di base: la fiducia innata nelle persone, nelle loro capacità e nella loro forza e che queste possano essere ampiamente influenzate dal pensiero.

Cosa insegni ai tuoi allievi che stanno affrontando la chemioterapia?

Un paziente oncologico ha bisogno di una mente complice, che lo sostenga con pensieri propositivi e potenzianti. Siamo spesso però bloccati sui pensieri legati a ieri o a domani e la mente tende a fissarsi su “ciò che manca”, piuttosto che su quello che c’è, abbassando di conseguenza il suo livello energetico.

Una persona afflitta da una patologia oncologica ha bisogno di tutta la sua buona energia (energia di cui è naturalmente fornito) ma non sempre riesce ad averne accesso, proprio perché una mente agitata non concede mai l’accesso al “qui” e “ora”, all’esperienza del corpo e del respiro nel momento presente.

Adoro questo incarico! Per me è un atto di amore, ogni volta.

Sapevo che non sarebbe stato semplice calibrare lo sforzo fisico (necessario in una buona pratica yogica) in classi eterogenee di pazienti, ognuno con le proprie necessità soggettive. Ma ciò che ho potuto riscontrare è che lo yoga in Oncologia non è proprio come tenere un tradizionale corso di Yoga, ma E’ MOLTO, MOLTO, MOLTO DI PIU’!

Qual è l’aspetto dello yoga che più aiuta a ridurre lo stress?

La pratica di Yoga in oncologia è una lezione di crescita personale anche per me stessa; in queste lezioni imparo tantissimo e cresco ogni volta, osservando l’incredibile forza d’animo che si scopre piano piano, le risorse innate di cui il paziente è dotato e assistendo al sorgere di una nuova consapevole accoglienza della propria condizione.

mente complice

Attraverso l’apertura del respiro o un’aumentata consapevolezza del corpo e delle sue parti sane, vedo gli allievi ristabilire un contatto affettivo e persino di gratitudine con una parte di sé, da cui forse si sentono traditi e che respingono a livello energetico a causa del trauma emotivo derivante dalla malattia.

Prendendosi cura del paziente non si può prescindere dal corpo emotivo ed energetico; durante lo Yoga in oncologia noi ci prendiamo cura di questo, offriamo all’allievo uno spazio sicuro in cui può consapevolmente includere ogni parte di sé.

Sia essa fatta di pensieri, emozioni o attitudini nei confronti della vita e della patologia, smettendo via via di giudicare l’esperienza come negativa, bensì allenandosi a STARE con quello che c’è, senza respingerlo.

Col tempo qualcuno comincia anche ad ironizzare su sé stesso e la propria condizione; questo è il segnale che la malattia sta venendo integrata, cioè accolta nella propria coscienza senza riserve.

Non è uno sforzo cognitivo, ma un cambiamento emotivo, che avviene quasi da sé, mano a mano che l’allievo si adopera a stare col proprio corpo e col proprio respiro, riconoscendo le proprie tensioni ed imparando a de-tenderle con una gentile attenzione benevola.

Durante questa pratica coltiviamo dei semi, l‘insegnante fornisce la semina, ma il paziente fa tutto il resto. Diviene terriccio, accede a tutti i nutrimenti e minerali, fornisce luce, acqua, calore e gentile attenzione.

In quale modo lo yoga aiuta il paziente oncologico?

Il percorso di Yoga in Oncologia sostiene la terapia farmacologica e il recupero da parte del paziente su tre diversi livelli:

  • Emotivo
  • Energetico
  • Transpersonale

Lavoriamo sul piano emotivo aprendoci all’emozione, qualunque essa sia; fermando il flusso di una mente giudicante e oppositiva e trasformando quindi il disagio in un messaggio di cui le emozioni sono ambasciatrici. Questo viene sostenuto soprattutto dalla parte Mindfulness della lezione, la parte più meditativa.

Lavoriamo sul piano energetico con pratiche di respiro e asana, queste muovono prana congesto (prana=energia vitale), sciolgono blocchi e rinnovano la memoria cellulare e la frequenza vibratoria del paziente aiutandolo a sostenere il percorso di chemio o radioterapia.

Lavoriamo sul piano transpersonale,  perché lo yoga è una preghiera, in qualche modo una disciplina che apre l’accesso al sé superiore e alle doti spirituali di ognuno, aumentando la fiducia e la disponibilità ad affidarsi.

Ci regali 3 consigli pratici per la vita di tutti i giorni?

Vi regalo uno spunto di riflessione importante da leggere ad alta voce:

“Io credo fermamente che in ognuno di noi risieda il seme della spiritualità, e per spiritualità intendo quell’attitudine accorata e pacifica, con la quale si può ricevere l’esperienza per quella che è, senza giudicarla o combatterla.

Credo che in tale attitudine possano emergere buone idee e risposte efficaci alle sfide della nostra vita quotidiana.

Credo che l’attitudine cambi l’esperienza.

Che l’esperienza influenzi i geni, il corpo e il cervello.

Credo che ogni persona possa migliorare e che possieda innate risorse.

Credo che il disagio sia una soglia verso la trasformazione e l’apprendimento!

Il mio lavoro, forgiato da studi, pratiche ed esperienze personali, consiste in questo: garantire uno spazio sicuro e benevolo dove la persona possa consapevolmente tramutare il disagio in apprendimento e crescita.”

Iris Gioia Rajani

Chemioterapia e alopecia

Spesso – ma è bene ricordare che non è sempre così – il trattamento chemioterapico o radioterapico porta l’alopecia totale o parziale.

A photo by Autumn Mott. unsplash.com/photos/SPd9CSoWCkY

La perdita dei capelli e dei peli è una diretta conseguenza dei farmaci citotossici che hanno sì il compito di distruggere le cellule tumorali ma vanno ad intaccare inevitabilmente anche quelle sane.
La terapia infatti ha come bersaglio le cellule ad alta frequenza di proliferazione, come quelle tumorali e i bulbi follicolari.

Quanti capelli si perdono? Quando iniziano a cadere? Quando ricompariranno? Sono questioni molto soggettive che variano da persona a persona e dipendono anche e soprattutto dalla combinazione di farmaci utilizzati per la terapia.

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Ma abbiamo una certezza: l’alopecia da farmaci è reversibile.

Le conseguenze sono spesso di carattere psicosociale e interferiscono più o meno pesantemente nella vita del soggetto sottoposto a trattamento.
Ci sono leggere ma importanti sfumature differenti tra gli uomini e le donne, spesso infatti sono le donne a risentire maggiormente di questa condizione. A livello psicologico intervengono fattori più femminili, quali il riconoscersi nell’immagine riflessa allo specchio, riuscire ad esprimere la propria femminilità, accettare la nuova condizione fisica.

Condividere le esperienze con chi ha già passato queste fasi può essere un modo utile per riuscire ad affrontare l’alopecia e altri disturbi con maggiore consapevolezza.

Questa è l’esperienza di Giulia, 38 anni, carcinoma al seno.
“Quando l’oncologa mi ha detto che avrei perso i capelli sono scoppiata in lacrime. Ho sempre portato i capelli lunghi e non riuscivo, né tantomeno volevo, immaginarmi calva. Allora mi sono preparata, mi sono fatta coraggio, ho preso appuntamento, ho chiamato la mia migliore amica e insieme siamo andate dal parrucchiere. Li ho tagliati.
Dalla terza settimana di terapia ho iniziato a perderne tanti. Ricordo la mattina che ho trovato il cuscino ricoperto di capelli… un dramma. Ma ero pronta, me lo avevano detto e mi avevano aiutata ad affrontare questa paura. Allora quella mattina sono entrata in bagno e armata di macchinetta mi sono rasata. Io ho reagito così: me li taglio da sola prima che me li faccia perdere tutti tu. Ho portato un cappello per circa 4 mesi poi è arrivato il caldo della primavera e con lui anche qualche pelo sulla mia testa, da quel momento ho ricominciato. Ho tolto il cappello e la mia testa era giorno dopo giorno sempre più scura, fino a che non si è ricoperta di capelli… più folti di prima e anche un po’ ricciolini!”

La conoscenza è un ottimo rimedio alla paura. Conoscere le possibilità che si hanno è un vantaggio non indifferente, per questo il reparto di Oncologia della Fondazione Poliambulanza organizza incontri per insegnare ai pazienti oncologici come affrontare l’alopecia.

Per maggiori info, potete contattare il servizio di psiconcologia del reparto di Oncologia della Fondazione Poliambulanza.