Alimentazione del paziente oncologico, il ruolo Care-giver

Care-giver è un termine inglese che significa “persona che si prende cura“, con questo termine ci riferiamo quindi alla persona che si prende cura del malato in ambito domestico. Talvolta il care-giver non appartiene al contesto strettamente familiare ma è una persona amica, più spesso si tratta invece di un parente.

alimentazione-nel-paziente-oncologico-chi-e-e-cosa-puo-fare-il-caregiver

In ogni caso, quando si cucina per una persona che sta affrontando un percorso di cura per un tumore, è importante mettere in atto una serie di misure concrete in termini di scelta del cibo e di comportamenti, che oltre a migliorare il benessere complessivo, sono utili strumenti per potenziare l’efficacia delle terapie.

Spesso può risultare difficile cercare di soddisfare le esigenze nutrizionali di un familiare o un amico che non vuole mangiare affatto o i cui gusti variano ogni giorno.
Il periodo di cura è un intervallo di tempo in cui si susseguono fasi diverse, in cui si può incorrere nella mancanza di appetito o nella difficoltà a mangiare perché i sapori vengono alterati, può quindi succedere che cibi che prima erano apprezzati momentaneamente non piacciano più.
È quindi importante in questo momento essere pazienti ed incoraggiare la persona che assistiamo, senza però insistere eccessivamente sula regola dei 3 pasti completi al giorno. Forse 5 o 6 spuntini possono rispondere meglio alle esigenze nutrizionali ed incontrare maggiormente le effettive possibilità della persona. Oppure, se i vecchi sapori risultano sgradevoli, potremmo invitare a sperimentare nuovi cibi che potrebbero essere una felice scoperta.

Inoltre, in alcune fasi della malattia il bisogno nutrizionale del paziente potrebbe non essere prioritario, diviene difficile in questo caso tollerare e tenere a bada i sentimenti di preoccupazione e di ansia che la mancata assunzione di cibo genera in ci si prende cura della persona malata.
Il cibo è naturalmente associato alla vita, la mancanza quindi della voglia di mangiare o l’impossibilità di farlo, scatenano comprensibilmente paura e preoccupazione. Spinti da questi moti interni potremmo come caregiver divenire molto insistenti, arrabbiarci e rimproverare la persona malata nel tentativo di spronarla a mangiare, ma ciò potrebbe essere dannoso ed ingenerare nel paziente frustrazione, sentimenti di inadeguatezza e di colpa.
In questi casi può essere invece utile condividere questi pensieri e vissuti emotivi con l’èquipe curante, in modo da costruire insieme un supporto delicato e adatto alla situazione, in cui si coniuga la cura con il conforto, la terapia con l’amore e l’affetto. Ciò consente dal care-giver, oltre che di aumentare le proprie competenze rispetto al prendersi cura della persona cara, anche di non sentirsi solo e disorientato.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *