Psiconcologia. Cos’è e a cosa serve?

Arriva il momento in cui si è seduti davanti al medico e i risultati sono arrivati, è un tumore.

Perché a me?”, “Cosa ho fatto per meritarmi questo?”, “Come lo dico ai miei figli?”, “Come faccio adesso?”, “E se muoio?”…

L’annuncio della diagnosi è un momento estremamente critico, di passaggio. Improvvisamente si passa dall’essere sani all’essere malati e la minaccia di vita costituisce uno degli elementi più dirompenti nel vissuto della persona.

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In breve si inizia a frequentare l’ospedale, l’oncologia. Iniziano le terapie. La quotidianità cambia, le cure dettano i tempi e il fisico si affatica e si trasforma. Cambiano le relazioni con i familiari, gli amici, il proprio ruolo lavorativo e sociale.

La psiconcologia si inserisce in questo contesto di rottura per promuovere la qualità della vita del paziente, tenendo in considerazione le esigenze, i desideri e i progetti della persona e della famiglia nelle diverse fasi della malattia.

In tal senso il ruolo dello psicologo in oncologia è quello di integrare le diverse dimensioni coinvolte dalla malattia oncologica attraverso la costante collaborazione con medici e infermieri, nell’ottica di una presa in carico globale del paziente (come persona).

A chi si rivolge la psiconcologia?
A tutti i pazienti e ai loro familiari, qualunque sia la diagnosi, la prognosi e la risposta alle terapie.

Quando è utile rivolgersi allo psiconcologo?
Non c’è un momento preciso in cui rivolgersi allo psicologo, ogni persona ha esigenze e tempi diversi.

C’è chi lo fa al momento della diagnosi “mi è caduto il mondo in testa, sono distrutto”, chi durante le terapie “non mi riconosco più, sono ingrassata di 20 kg e ho perso i capelli”, chi alla guarigione “è arrivato il momento di fermarmi un attimo e prendere del tempo per me e capire cosa è successo”.
C’è chi si rivolge allo psicologo dopo aver scoperto una recidiva “credevo di esserne uscito, di aver finito, non posso pensare di ricominciare tutto da capo” e chi quando la malattia è in fase avanzata “non c’è più molto da fare, ma finché son qui voglio vivere!”.

Quindi non c’è un momento giusto, solo il desiderio di farlo.

Per cosa ci si rivolge allo psiconcologo?
La malattia oncologica mette la persona di fronte a sfide e criticità di diversa natura alle quali ogni paziente risponde a proprio modo, a seconda del momento di vita, delle risorse disponibili, dalle relazioni in atto, dei suoi progetti ecc.

Benché i pazienti si trovino ad affrontare la “stessa” situazione, Il motivo del primo contatto può essere anche molto diverso. Non tutti, infatti, affrontiamo le situazioni allo stesso modo e non sono necessariamente le stesse cose a farci stare male. 

Per qualcuno può essere la gestione degli effetti collaterali delle terapie, per un altro la comunicazione ai figli della diagnosi, o ancora la difficoltà a comunicare con il paziente. Può essere la paura della morte, la preoccupazione per il futuro, un problema fisico o sessuale. O qualunque altro motivo.

Rivolgersi allo psicologo consente la costruzione di risorse interne e strategie per affrontare i momenti critici della malattia e fare in modo che la vita non si esaurisca nella malattia, perché come dice un antico detto marinaro “non è il vento ma l’assetto delle vostre vele a stabilire la rotta che volete seguire”.

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